PCTO NELL’ANNO DANTESCO: LA 5 C CLASSICO TRA CINEMA E ARTE

Vista la complessità del periodo che stiamo vivendo, nello scorso anno scolastico le attività di PCTO (Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento) si sono dovute svolgere in maniera del tutto nuova, così la 4C del Liceo Classico G. Cevolani si è impegnata nella realizzazione di un film breve che parte dalla figura di Dante e si configura come un viaggio-elaborazione del lutto.

Sabato 18 dicembre, presso la Sala Zarri del Palazzo del Governatore di Cento, gli studenti hanno organizzato un momento di proiezione e condivisione di questo elaborato di grande originalità, alla presenza delle loro famiglie e di alcuni docenti.

Così i ragazzi desiderano presentare il loro lavoro: 

La bellezza, la poesia non sta in chi scrive, ma il sublime sta nell'orecchio di chi ascolta, dentro di voi sta Dio. Non solo dentro a Dante che l'ha scritta. Lui l'ha scritta, ma se voi non lo sentite, non ha scritto niente. Quindi siete voi il poeta, siete voi Dio.”: sono le parole di Roberto Benigni ne L’ultimo del Paradiso e noi non possiamo che sentire questa affermazione profondamente nostra dal momento che abbiamo trasformato il farci cullare dall’armonia dei versi danteschi in una nostra, propria visione che parte da Dante e dalla sua concezione dell’aldilà, ma giunge a sfondare i confini di spazio e di tempo, legando la familiare voce del poeta che da anni ci accompagna nel cammino della vita, ai nostri giorni.

Tutto questo nella forma di un film breve che ci ha permesso di unire la potenza delle parole a quella delle immagini, di fondere l’intensità dei dialoghi a quella delle nostre voci che, per un momento, si sono realmente sentite animate dai sentimenti propri dei personaggi che andavamo interpretando, e di vedere trasformata la nostra classe in un vero e proprio set cinematografico. Infatti, per gestire al meglio questo progetto a cui ci siamo dedicati per  settimane con un impegno che verrà sicuramente soddisfatto, ci siamo divisi tra noi vari ruoli: c’è chi si è occupato dei trucchi e dei costumi, chi della sceneggiatura, chi della colonna sonora, chi delle riprese.

Alla novità del vederci nelle vesti di registi e registe si accompagna quella del contenuto del dramma da noi ideato.

Quest’ultimo infatti si configura come un viaggio che, come quello dantesco, attraversa Inferno, Purgatorio e Paradiso con una variatio rispetto all’originale: Dante, nel nostro film, non è più guidato, bensì guida del nostro protagonista che ha da poco perso la donna amata. Ma, forse, l’aspetto più originale sta negli incontri vissuti dai nostri due personaggi che assistono ai drammi di una nostalgica Saffo all’Inferno e alle dolci parole di Frida Kahlo in Paradiso insieme a quelle di molti altri uomini e donne di ogni tempo e luogo.

La nostra epopea nasce dal voler onorare Dante Alighieri, ma in realtà anche dal tentativo di avvicinarci alla sua figura mettendo in luce la sua opera più celebre come teatro di sentimenti e fasi della vita che potremmo definire sempre vivi oltre che attuali: momenti che ci troviamo ad affrontare tuttora. In fondo, la Commedia cela un atto d'amore poiché non è che l'umano tentativo del sommo poeta di rivedere, forse un’ultima volta, il viso dell'amata Beatrice, giungendo poi a scorgere e percepire una condizione post mortem assai diversa da quella terrena, a partire dall'anima stessa della donna. Tale conoscenza fa insorgere in Dante una consapevolezza, comprensione e totale affidamento in quell’oltre che è per il poeta fiorentino la luce divina, ma forse anche l'ignoto che, con veli di mistero, dolore, malinconia e miriadi di emozioni, avvolge l'animo umano sin dagli albori. In armonia con la dinamica figura del Dante viator, che nel corso dell’opera ha compiuto un viaggio e una maturazione interiore, il nostro intento è stato quello di proporre un cammino, un percorso psicologico, quasi onirico che portasse, da una condizione di caos e tormenti, ad un’elaborazione del trauma, della perdita. Ci siamo perciò focalizzati sulle riflessioni e gli stati d’animo causati ad esempio da un lutto e sui tentativi di, nonostante le tristi circostanze, riuscire ad oltrepassare il dolore senza abbandonare la speranza nella vita, specialmente negli ultimi ultimi mesi, in cui purtroppo, spesso il distacco non è nemmeno potuto essere accompagnato dai consueti rituali funebri che consentono all’uomo uno sfogo del dolore, un estremo ultimo addio. “Frater, ave atque vale” sono infatti le parole di Catullo sulla tomba del fratello, non troppo dissimili dai versi di Giacomo Leopardi che, nella poesia A Silvia si interroga sul perché di tanti sogni e giovinezza infranti, due pensieri uniti da oltre due millenni di storia. 

 

Voci lontane che abbiamo fatto rivivere in luoghi a noi vicini: il castello della Rocca è stato teatro dei rimpianti e dei tormenti di Didone, della malinconia e della tristezza di Van Gogh così come il giardino del santuario della Beata Vergine della Rocca ha visto riunirsi Freud, Jane Austen e Catullo in acceso scambio di idee e ideali tutt’altro che Nugae. Il ricordo del protagonista ha condotto le nostre riprese nelle campagne centesi e nelle nostre stesse aule dove i banchi e le cattedre del liceo Cevolani hanno ceduto posto a fotocamere, costumi e all’euforia di vivere quegli istanti nelle vesti di altri luoghi e di altri tempi. 

Esattamente questi percorsi, anche interiori e individuali, portano ognuno di noi a ritrovare in sé una luce, un faro nel buio della notte grazie al quale riusciremo finalmente a sentirci liberi da ciò che ci ha turbati e sfiorare sia la nostra essenza sia quella altrui ed è ciò che vorremmo proporre inscenando Ci incontreremo di nuovo.